“Sono depresso, non mi puoi licenziare”: ufficiale, per la Cassazione è DISCRIMINAZIONE I Il datore di lavoro non deve cacciarti

Depressione - pexels - altranotizia.it
In Italia, essere affetti da depressione o da un disturbo psicologico non costituisce automaticamente una protezione assoluta contro il licenziamento. Eppure, i cittadini non sono abbandonati alle loro sofferenze.
Oggi infatti, la legge tutela i lavoratori affetti da malattie, comprese quelle di natura psichica, e impone al datore di lavoro il rispetto di precisi limiti e obblighi.
Ma cosa dice la normativa e quando effettivamente “non si può essere licenziati” per depressione? Ecco tutto quello che attualmente vale per legge.
La depressione, come qualsiasi altra malattia, dà diritto al lavoratore di assentarsi dal lavoro per ricevere cure e recuperare la propria salute.
Il diritto a conservare il posto durante l’assenza per malattia è però limitato al cosiddetto “periodo di comporto”. Di che cosa stiamo parlando? E’ chiarissimo.
Depressione e lavoro: cosa dice la legge
Si tratta di un periodo massimo stabilito dal contratto collettivo (CCNL) durante il quale il lavoratore non può essere licenziato a causa della malattia. Il periodo di comporto varia a seconda del contratto applicato, ma in genere può andare dai 180 ai 270 giorni in un anno. Durante questo tempo, il lavoratore affetto da depressione (certificata da medico curante o psichiatra e validata dall’INPS) ha diritto a conservare il posto di lavoro.
Se il lavoratore supera il periodo di comporto, il datore di lavoro ha la possibilità di procedere al licenziamento per superamento del comporto, anche se la malattia persiste. Tuttavia, questo tipo di licenziamento deve essere formalizzato correttamente, motivato e non può essere discriminatorio. Inoltre, è importante sottolineare che non si può essere licenziati per il semplice fatto di essere depressi, ma solo per le conseguenze oggettive che la depressione ha sul rapporto di lavoro, come l’assenza prolungata.

Disabilità e depressione: le tutele non finiscono qui
In casi di depressione grave e invalidante, che comportano il riconoscimento di un’invalidità civile o di una disabilità ai sensi della Legge 104/1992, il lavoratore gode di ulteriori tutele. Il licenziamento in questi casi potrebbe essere considerato discriminatorio e nullo, se legato alla condizione di salute. La Corte di Cassazione ha più volte affermato che è nullo il licenziamento fondato su motivi che discriminano il lavoratore per la sua condizione psichica.
Se la depressione impedisce di lavorare stabilmente, è possibile avviare un iter per ottenere un riconoscimento di invalidità civile o l’inabilità al lavoro, attraverso l’INPS. Questo permette di accedere a misure assistenziali, assegni o pensioni di invalidità, e in alcuni casi a un collocamento mirato.