Saverio Angiulli e Catello Cascone hanno scritto Evoluzioni e finalità della normativa italiana antiriciclaccio per Santelli Editore. Abbiamo ascoltato il primo in esclusiva.
L’obiettivo dichiarato del libro è diffondere la cultura dell’antiriciclaggio, un proposito importante che riguarda non solo i “soggetti obbligati” a rispettare le regole, ma anche coloro i quali con tali soggetti, intrattengono rapporti professionali. Chi altro dovrebbe però lo stesso interessarsi di questo tema socio-economico fondamentale?
La regolamentazione concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, dettata dal Decreto Legislativo n. 231/2007, è di particolare importanza per tutti gli operatori del sistema finanziario direttamente interessati. La mancata conoscenza delle regole, infatti, potrebbe portare i trasgressori a essere sottoposti a pesanti sanzioni, sia penali, sia amministrative. Tuttavia, tra i soggetti per i quali la conoscenza della normativa antiriciclaggio appare quanto meno opportuna – quando non necessaria – vi siamo noi tutti, quali clienti dei vari operatori finanziari o professionali, in quanto è ormai noto che alla clientela viene richiesta, innanzitutto, la collaborazione per la fornitura dei dati utili alla compilazione dei formulari relativi all’adeguata verifica della clientela e all’analisi del rischio, ma anche la consapevolezza che non tutte le operazioni finanziarie sono possibili ai fini della normativa in questione. Vi sono poi, soggetti che sono – per così dire – “tecnicamente” esonerati dagli obblighi antiriciclaggio, come i professionisti non residenti che operano in regime di libera prestazione di servizi (fatta salva l’osservanza della relativa disciplina del Paese comunitario di residenza); ma anche la Pubblica Amministrazione, la quale non è più compresa formalmente tra i soggetti obbligati, benché taluni uffici siano tenuti a comunicare all’Unità di Informazione Finanziaria dati e informazioni concernenti le operazioni sospette, sulla base di istruzioni recentemente dettate dall’Unità stessa. In ogni caso, si può sintetizzare dicendo che la normativa antiriciclaggio dovrebbe interessare tutte le categorie di soggetti che compiono operazioni di trasferimento e impiego di denaro, in quanto possono essere potenzialmente coinvolti – in modo involontario – in attività illecite.
L’esperienza che avete nel settore finanziario vi ha permesso di approfondire gli argomenti sia dal punto di vista teorico di studio, che da quello pratico e operativo. Questo volume, ricco di contenuti, è il risultato di un lavoro che vi ha impegnati quanto tempo?
Il libro è il frutto di un lavoro durato oltre un anno, che sostanzialmente ha riguardato alcuni aspetti della materia, concernenti soprattutto il dispositivo degli organi istituzionali posti a presidio del sistema finanziario nazionale per prevenirne l’utilizzo a scopo di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Ciò che viene messo in evidenza, è come il D.Lgs. 231/2007 delinei l’architettura istituzionale in materia antiriciclaggio, salvaguardando la separazione tra la funzione politica e le autorità tecniche di settore, valorizzando – al contempo – la cooperazione istituzionale, sia a livello domestico, sia internazionale. Per quanto riguarda l’ambito nazionale, infatti, la normativa ha sancito il principio dello sviluppo di sinergie informative tra le autorità operanti nel sistema di prevenzione e contrasto, per agevolare l’individuazione di fatti e situazioni la cui conoscenza può essere utilizzata per impedire la commissione di attività illecite.
Quale categoria professionale era più in difficoltà prima della normativa antiriciclaggio?
La normativa antiriciclaggio ha introdotto un evidente beneficio che – si può dire – riguarda tutte le categorie destinatarie della stessa, in quanto ha concesso loro la possibilità di fornire la propria collaborazione – nella prevenzione dei crimini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo – godendo dell’importante diritto alla riservatezza da parte di chi compie una segnalazione di operazione sospetta (sia esso il soggetto obbligato, ovvero la persona fisica che ha provveduto materialmente alla segnalazione), che la legge garantisce in modo chiaro ed esplicito.
In Italia qual è il reato di riciclaggio più diffuso?
Così come posta, la domanda può indurre a cadere in un equivoco di fondo, di cui è bene liberarsi subito: non vi sono diversi tipi di reato di riciclaggio, in quanto trattasi di un’univoca e autonoma fattispecie delittuosa contemplata nel nostro ordinamento; vi sono, tuttavia, diverse condotte criminali – tecnicamente qualificate come “reati presupposto” – che sono considerate prodromiche alla commissione del riciclaggio. Ed è a quest’ultimi che, certamente, si riferisce la domanda. Bene, per entrare ora nel merito della risposta devo fare riferimento all’ultimo Rapporto GAFI del 10 gennaio 2016, da cui si evince che – a livello internazionale – il 75% dei “reati presupposto” è costituito da evasione delle imposte e delle accise; il 15% da narcotraffico e usura; il 10% da corruzione, frode, contraffazione, criminalità ambientale, contrabbando, estorsione, gioco illegale e reati espropriativi.
Intervista a cura di Maria Grazia Gentile