Mila Colonna è autrice del libro Secondo natura edito da Santelli Editore. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla in merito.
Nel libro lei sostiene che la genuinità di un prodotto non è legata al canone estetico convenzionale: il prodotto appare brutto ma questo aspetto è indice di genuinità. Quale prodotto, secondo lei, rispecchia al meglio questo canone alternativo?
Le mele, ad esempio. Una mela Golden coltivata in regime di agricoltura biologica è ben diversa da come appare abitualmente sui banchi del supermercato: è più piccola e ‘imperfetta’, spesso ammaccata da uccelli o insetti, con venature verdi e marroni, se a giusta maturazione. Assomiglia quasi più ad una mela renetta che alle grosse mele lucide e perfette cui siamo abituati. Il melo è tra colture più delicate, soggetto a infezioni da virus, malattie fungine, batteri e parassiti che possono compromettere facilmente il raccolto: ecco perchè la mela è tra i frutti che subisce più trattamenti fitosanitari. Coltivare mele in regime biologico è, dunque, non solo un grande atto di coraggio da parte dei nostri agricoltori, ma anche garanzia di un prodotto più puro; e genuino, a vantaggio della nostra salute.
Afferma nel libro «Se vi sentite giù di morale, andate al mercato!» (p.50) e fa riferimento alla convivialità dei contadini che ogni mattina espongono sul bancone i loro prodotti raccontando le loro storie di vita. Il periodo pandemico ha però quasi del tutto annullato i contatti sociali e il momento della spesa sembra essere uno dei pochi istanti di evasione dalle quattro mura domestiche. Come è cambiato il suo rapporto con i commercianti al mercato?
Poco, per fortuna. I miei fornitori sono molto più di semplici collaboratori di lavoro. Li conosco da molti anni, fin dai tempi dell’accademia. Hanno gioito dei progressi di ogni giorno, assaggiano le mie ricette, sono felici di vedere cosa si possa creare a partire dalle loro materie prime. Ci legano affetto e stima reciproci. Nell’ultimo anno la nostra professione ha molto sofferto e loro con noi. Sentirsi vicini nonostante il distanziamento, supportarsi nelle difficoltà, è stato molto importante per mantenere accesa la speranza durante il lockdown.
Nell’epoca delle stories sono in tanti a pubblicare cibi e piatti su Instagram: lei utilizza questo mezzo per divulgare la sua idea di cucina?
Sì, anche se per via del lavoro non così spesso quanto vorrei. I social sono uno strumento importante: divulgare la propria idea di cucina, far conoscere la propria identità creativa attraverso foto di piatti che possono essere viste da chiunque e in qualsiasi parte del mondo grazie ad Instagram, apre opportunità impensate fino a pochi anni fa. Non solo: è possibile comunicare, confrontarsi con altri chef, approfondire nuove tecniche, conoscere nuovi prodotti. I social network (se utilizzati con giudizio) possono quindi diventare uno strumento di crescita professionale, studio e ricerca continui.
Nel libro un pensiero è rivolto ai bambini e al loro modo fantasioso di guardare i piatti: forme e colori influenzano la percezione visiva del piccolo che mangerebbe più volentieri le verdure. Ha sperimentato la validità di questo metodo con gli adulti?
Un piatto si assaggia prima con gli occhi che con il palato: vale per gli adulti quanto per i più piccoli. Spesso noi ‘grandi’ siamo troppo presi dal lavoro e dal tran tran quotidiano per seguire una dieta equilibrata: cucinare legumi e verdure richiede tempo e siamo troppo pigri per mettere un po’ di creatività nelle ricette di ogni giorno. Così le verdure che consumiamo finiscono per essere più o meno le stesse, cucinate quasi sempre allo stesso modo e chi di per sé non le ama particolarmente sarà sempre meno invogliato ad introdurle nella propria dieta. Sono però un alimento incredibilmente versatile, fresco e colorato, che cambia volto di ricetta in ricetta anche senza essere cuochi provetti: basta solo un pizzico di fantasia. Leggere, assaggiare nuove ricette, divertirsi a sperimentare in cucina può essere la strada giusta per far piacere le verdure anche a chi proprio non le sopporta.
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