Il Postino è un film molto bello, che evoca però anche pensieri negativi. Torna in televisione ed è interessante andare a raccontarne la storia.
Prima di approfondire quella che fu una tragedia, soffermiamoci sul film. Sarà trasmesso dalle ore 21.00 su Cine 34. Liberamente ispirato al romanzo di Antonio Skarmeta, Il postino di Neruda, è un’opera molto emozionante e con un cast scintillante. Regia di Michael Radford al suo fianco ci fu Massimo Troisi che poi decise di recitare solamente, al suo fianco troviamo un grande Philippe Noiret insieme a Maria Grazia Cucinotta, Linda Moretti, Mariano Rigillo, Anna Bonaiuto e tanti altri ancora.
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La trama è presto detta. Siamo nel 1948 e Pablo Neruda, noto poeta cileno, viene mandato in esilio in un’isola nel meridione italiano. Si rifugerà insieme alla giovane Matilde, sua consorte. Sarà Mario a consegnargli una nutrita corrispondenza. Così giorno dopo giorno i due riusciranno a instaurare un rapporto fraterno. Ma cosa accadde al suo protagonista?
Il Postino, un tragedia indimenticabile
Il Postino è anche scenario di una tragedia indimenticabile quella della morte del suo protagonista Massimo Troisi. L’attore di San Giorgio a Cremano classe 1953 si spense a Roma il 4 giugno del 1994 quando aveva appena 41 anni. Ancora oggi viene considerato uno dei comici più incredibili della storia del nostro spettacolo, uomo colto e dal talento smisurato in grado di mettere tutti d’accordo.
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Torniamo però alla sua tragica scomparsa. Troisi morì nel sonno poche ore dopo la fine delle riprese nella casa di Annamaria sua sorella, per un attacco cardiaco. Fin da giovanissimo soffriva di cuore a causa di febbri reumatiche. Nel 1993, 17 anni dopo un precedente intervento, fu operato negli Stati Uniti. L’intervento non si rivelò all’altezza delle aspettative e da quel momento la sua storia iniziò a incrinarsi.
Il declino e la morte
Massimo Troisi fu contattato dal giornalista John Francis Lane per lavorare al film Another Time, Another Place – Una storia d’amore dell’esordiente Michael Radford. Non se la sentì, in condizioni precarie, di lavorare all’estero e declinò. Dopo aver preso visione del film però chiamò in prima persona il regista per parlargli del suo rammarico di non avervi preso parte. Divennero così amici con l’idea di fare qualcosa insieme.
Tutto nacque da Nathalie Caldonazzo, l’ultima fidanzata di Massimo, che gli regalò Ardiente Paciencia, un libro di Antonio Skarmeta che in Italia era uscito come Il postino di Neruda. Dopo la lettura lo stesso Troisi acquistò i diritti del libro per lavorare a un film. Iniziò a lavorarvi proprio con Radford e si incontrò con lui e Furio Scarpelli a Los Angeles per finirla. Il viaggio lo portò a Houston dove era stato operato da giovane, per un controllo prima delle riprese. L’esame sconvolse l’attore, entrambe le valvole al titanio posizionate nel suo cuore si erano deteriorate e si doveva operare d’urgenza.
Durante l’intervento l’attore ebbe un infarto, ma i medici lo salvarono. Rimasto in ospedale per un mese e mezzo gli fu consigliato un trapianto. Nonostante questo Massimo decise di iniziare il film proprio prima dell’operazione. Le sue condizioni però peggioravano con Troisi che si doveva far sostituire nelle scene più pesanti. Fu poi anni dopo Renato Scarpa, nel cast del film, a raccontare che lo stesso attore campano aveva sottolineato: “Questo film lo voglio fare con il mio cuore”.