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Spettacolo

Roberto Bolle, l’esperienza che lo ha segnato: “Ero poco più che un bambino”, racconto da brividi

Published by
Francesca Simonelli

Roberto Bolle, l’esperienza che lo ha segnato: “Ero poco più che un bambino”, racconto da brividi del famoso ballerino, ecco i dettagli. 

E’ il ballerino più famoso in Italia ed è conosciuto in tutto il mondo, anche perché è il primo in assoluto ad essere al contempo Etoile del Teatro alla Scala di Milano e anche Principal Dancer dell’American Ballet Theatre che si trova a New York, la sua ‘seconda città’ . Stiamo parlando, ovviamente, di Roberto Bolle, vera e propria stella internazionale della danza, ma anche personaggio televisivo molto amato.

Roberto Bolle, il periodo difficile della sua vita: “Ero poco più che un bambino”, ecco il racconto nel dettaglio

 

45 anni, fisico scolpito e fascino da vendere, Bolle è un ballerino apprezzatissimo, ma anche un bravo conduttore televisivo. Se, però, è finito pù volte sotto i riflettori per i suoi spettacoli e il suo lavoro, lo stesso non si può dire della sua vita privata, che è sempre avvolta in un alone di mistero. Roberto, infatti, è estremamente riservato, ma in un’intervista rilasciata a Vanity Fair ha parlato del suo passato e in particolare di un’esperienza che lo ha decisamente segnato: ecco le sue parole nel dettaglio.

Roberto Bolle, racconto da brividi: “Ero poco più che un bambino”, ecco l’esperienza che lo ha segnato

Roberto Bolle è uno dei più grandi ballerini italiani, ma per arrivare ai risultati e al successo che ha raggiunto, ha dovuto lavorare sodo fin da quando era giovanissimo. In un’intervista a Vanity Fair, il ballerino ha raccontato di essere stato ‘scoperto’ quando era ancora giovanissimo e di aver lasciato dunque la sua città, Casale Monferrato, per trasferirsi a Milano. Questa esperienza, cominciata quando lui aveva solo 12 anni, ha inevitabilmente segnato la vita di Bolle, che l’ha raccontata a Vanity: “Non mi pesavano i lunghi corsi, le lunghe ore di lezione”, ha spiegato il ballerino, “mi pesava dover aspettare da solo la mensa, tornare da solo a casa della donna da cui alloggiavo, chiudermi da solo in camera e fare da solo i compiti. Ero poco più che un bambino, mi mancavano i miei genitori, i miei fratelli. Piangevo”.

 

 

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Francesca Simonelli

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