Ciro Muro ci racconta in esclusiva il suo ricordo di Maradona: “Mi regalò gli scarpini, non ci pensò due volte. Poi, quando nacque mio figlio Giuseppe…”
Ciro Muro è un ex allenatore e calciatore italiano. Per la precisione, napoletano. Vestiva la maglia del Napoli e quando Maradona era lì, tra i grandi a scrivere la storia, lui c’era. L’ha conosciuto, l’ha frequentato, è stato suo amico e compagno di squadra. E, neanche a dirlo, conserva un ricordo stupendo di lui. Ancora ricorda molti aneddoti del passato. E la notizia della sua morte gli ha fatto male. Ciro ha raccontato in esclusiva per i lettori di Altranotizia.it, il suo indelebile ricordo di Diego Armando Maradona. Il ricordo dell’uomo, più che del calciatore. Perché, sì, in effetti, il calciatore lo conosciamo un po’ tutti. Il più grande di tutti i tempi. Ma, forse, in molti non conoscono quello che è stato Diego da uomo, da compagno di squadra e da amico.
Ciro Muro: la notizia della morte di Maradona
“Ero in macchina con mia moglie”, racconta Ciro, “lei aveva in mano il telefono, all’improvviso si volta verso di me e mi dice ‘è morto Diego'”. Un attimo di smarrimento, Ciro accosta la macchina e si ferma. “Ho tanti amici che si chiamano Diego, mi son detto ‘non può essere lui’. Poi ho preso il telefono e c’erano tante notizie che lo dicevano. Credevo fosse uno scherzo. Lo speravo”. Poi, dopo un po’, realizza che è successo davvero: “Mi venne un mal di stomaco incredibile. Sono stato male per lui. Sapevamo che non stava bene ma non credevamo potesse lasciarci”.
Maradona uomo, compagno di squadra e amico
Ciro Muro ci racconta quello che è stato Maradona fuori dal campo. Quello che è stato, per esempio, negli spogliatoi, quando si è tutti riuniti e si scambiano delle chiacchiere. “Gli chiesi com’erano quegli scarpini della Puma, se erano così leggeri come si diceva. Lui non ci pensò due volte, me li regalò. Mi stavano un po’ larghi, il tallone ‘ballava’ un po’. Perché lui aveva un 41 e mezzo, 42, il mio piede era più piccolo”.
“Nacque mio figlio Giuseppe a marzo. Lui e sua moglie mi regalarono il corredino completo per il bambino. Poi, dopo qualche giorno, nacque sua figlia. Così, io e mia moglie ricambiammo il regalo. Eravamo un gruppo splendido, ci volevamo bene tutti, davvero”.
“Noi andavamo al cinema, nel fine settimana. Uscivamo alle 16:00 dal centro sportivo e per le 19:00, prima di cena, eravamo già tutti di nuovo lì. Diego, però, non veniva. Non poteva venire con noi al cinema perché altrimenti si sarebbe bloccata tutta la città ogni volta. Così, quando noi andavamo via lui approfittava per stare con sua moglie e sua figlia. Lo trovavamo già lì ad aspettarci quando tornavamo per cena”.
In albergo – “Ricordo che c’era un corridoio e lì c’erano le stanze di Maradona, Bianchi, e poi quella mia e di Ferrara. Ogni mattina, dopo aver fatto colazione, si tornava su e ci si preparava. Dalla sua stanza si sentiva sempre una musica argentina ad alto volume ed era molto piacevole. Amava la musica ed amava ballare”.
Amico di tutti – “Era Maradona, ma non lo dimostrava, non te lo faceva ‘pesare’. Amico di tutti, soprattutto di noi che eravamo ‘scugnizzi’ napoletani, gli ricordavamo la sua infanzia. Era umile. Salutava tutti ed era amico anche degli avversari. Spesso, era proprio lui ad andare da loro per complimentarsi della partita giocata o semplicemente per stringergli la mano. Fuori dal campo, uno di noi. Ma quando si giocava era Maradona, si fermava tutto”.