Sono passati alcuni mesi dall’appello lanciato da Adriano Celentano al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Nel corso di un intervento a Non è l’Arena, condotto da Massimo Giletti su La7, il noto cantante ha voluto mandare un messaggio forte e deciso a Palazzo Chigi. Ecco cosa accadde.
Il messaggio al Presidente del Consiglio
Durante la puntata di Non è l’Arena, c’è stato uno spazio interamente dedicato al cantante milanese, dal titolo “L’inesistente”. Si parlava del caso di Giulio Regeni e sull’ostruzionismo del Governo de Il Cairo che continua a non voler collaborare. Ha spiegato Celentano: “La mafia non è solo quella che spara a tradimento”.
E ancora: “Se è vero che il dossier arrivato all’Italia dal Cairo sul caso Regeni è stato giudicato da Paolo Gentiloni carente ed incompleto tanto da richiamare le autorità egiziane, non si capisce perché a un paese così incompleto bisogna vendere 26 navi e armi che uccidono”.
Per poi rivolgersi direttamente al Premier: “Fermi la trattativa losca per la vendita di armi all’Egitto. Ma già immagino le motivazioni assurde di Confindustria e delle imprese italiane: ‘se non vendiamo queste armi dovremmo licenziare’. È proprio questo il nuovo inizio che l’Italia deve intraprendere. Meglio soffrire un po’ la fame, ma poter guardare in faccia le persone: noi italiani abbiamo questa forza”.
Le parole del Molleggiato
Nel video pubblicato poi sul suo account Instagram “Celentanononesiste”, il cantante ha rincarato la dose: “La mafia è un virus, come lo è il razzismo, il bullismo, come lo sono alcune imprese italiane che in nome dell’economia fabbricano le armi per gli assassini all’estero, e questi sono pericolosi capisci, una volta infettati è difficile guarire. Non è come il coronavirus che per farlo morire bastano due metri di distanza, questi no anzi. Per loro più la distanza è grande e più il mostro che è dentro di loro si rinvigorisce”.
Ed ha poi chiuso il suo discorso con queste parole: “Certo se la fabbrica chiude, tanta gente perderà il posto di lavoro, ma è qui che si vede l’italiano, ci uniremo in uno solo corpo per sopperire agli stipendi di chi perderà il posto finché il padrone non convertirà la sua fabbrica di morte in un bene per la vita. E io sono certo che gli italiani lo faranno, non so perché, ma sono certo”.